Le origini
L’Antica Cattedrale dei Sabini, definita anche Santa Maria in Vescovio, fu innalzata, secondo un’antichissima tradizione, intorno al 380 per volere dell’imperatore Teodosio sul luogo dove l’apostolo san Pietro celebrò la fractio panis, in prossimità del municipio romano di Forum Novum, i cui resti sono ancor oggi visibili attorno al sacro edificio.
Il municipium sorse intorno al I secolo a.C., e in virtù della sua posizione vicina all’incrocio di strade di particolare importanza e alla prossimità del fiume Tevere, divenne ben presto un fiorente mercato agricolo e il principale centro economico e politico della zona.
L’epoca romana, la distruzione dei Saraceni e la ricostruzione.
A partire dal 1997, mediante indagini archeologiche si comprese che Forum Novum non fu tuttavia un vero e proprio centro abitato. Si trattava piuttosto di un insieme di edifici pubblici tra i quali una basilica civile, un complesso templare dedicato forse a Ercole, il foro, un anfiteatro, le terme, il mercato, una serie di tabernae, un acquedotto e una fontana pubblica. L’unica villa residenziale sorgeva poco distante dal centro. Sul finire del IV secolo, si ritiene che a questi edifici fu aggiunta la primitiva chiesa dedicata alla Madre di Dio, sorta sulla casa degli Ursaci che diedero ospitalità a san Pietro. Si conserva ancora, presso i locali del santuario, un interessante sarcofago strigilato risalente al III secolo e dedicato a Aurelio Ursacio. Nel 465 d.C., la chiesa è attestata come sede di diocesi e fin dalle origini ospitò una scuola episcopale. A tale periodo si deve il cambio del toponimo: erigendo l’episcopium ben presto si cominciò a identificare la zona con tale nome divenendo presto, per corruzione, “Vescovio”.
Con la caduta di Roma, Forum Novum perse la sua importanza e venne presto abbandonata: a ergersi nella piana del torrente Aia rimase solamente la chiesa che accolse anche i resti mortali dei santi martiri Fabio, Massimo e Basso, discepoli di sant’Antimo, primi evangelizzatori della Sabina, traslati, per motivi di sicurezza, dalle loro sepolture in varie catacombe della zona all’interno della chiesa. Le notizie pervenute su questi santi sono contenute nella Passio Sancti Anthimi, compilata tra il V e il IX secolo. Da Nicomedia il gruppo di cristiani capeggiato dal presbitero Antimo, dopo aver convertito il proconsole dell’Asia Minore Faltonio Piniano, si trasferì a Roma per seguire il neofita richiamato nella capitale dall’imperatore Diocleziano. Per salvare Antimo e i suoi compagni dalla persecuzione, Piniano decise di ospitarli in una sua proprietà a Cures in Sabina. Fu così che iniziò l’evangelizzazione di questa terra, tuttavia non senza problemi: violenta fu la reazione degli abitanti, legati ai culti pagani, che fecero arrestare e uccidere i cristiani. Sant’Antimo venne decapitato l’11 maggio 305 a Cures. Stessa sorte toccò a Massimo qualche mese dopo. Basso, rifiutandosi di sacrificare a Bacco e Cerere, fu massacrato nel mercato di Forum Novum mentre Fabio venne decapitato sulla via Salaria.
Tuttavia l’edificio fu raso quasi completamente al suolo dai Saraceni nell’876 per essere successivamente ricostruito intorno all’886 nelle forme che tutt’oggi si possono ammirare. In tale occasione, la sede episcopale venne trasferita a Toffia nella chiesa di San Lorenzo e si nascosero i corpi dei tre santi martiri per salvarli dalla distruzione, andati tuttavia purtroppo dispersi. Nel X secolo a seguito dell’unificazione della diocesi di Nomentum a quella di Forum Novum, divenne l’unica sede episcopale della Sabina. Dall’XI secolo, la chiesa prese il titolo di Ecclesia Maior Sabinensis. Una fase di ripresa economica e culturale si ebbe nel Duecento, epoca alla quale risalgono gli affreschi della navata, databili intorno al 1295 e attribuibili alla scuola di Pietro Cavallini. Il centro era però destinato a un declino a causa del suo isolamento che rendeva difficoltoso anche il servizio liturgico: ci fu un progressivo impaludamento della valle e il territorio foronovano fu colpito dalla malaria, con un conseguente abbandono. La sede vescovile venne spostata a Magliano Sabina nel 1495 da papa Alessandro VI e, invano, nel 1521 papa Leone X tentò di restituire dignità all’antica chiesa di Vescovio, mantenendo il Capitolo a Magliano e restituendo a Vescovio il titolo di cattedrale. Dopo altri vani tentativi di riqualificazione, l’ultimo dei quali del card. Gabriele Paleotti che nel 1569 fece erigere un convento sulla cima del vicino colle per ospitare alcuni religiosi che si sarebbero occupati della custodia del santuario, la chiesa fu affidata ai parroci dei paesi vicini che si limitarono a celebrarvi la Santa Messa in occasione di alcune solennità.
Il restauro in epoca moderna
Nell’Ottocento le pareti interne della chiesa furono imbiancate e gli affreschi coperti. Vennero poi riscoperti negli anni ’30 del XX secolo e restaurati. Un ulteriore restauro venne eseguito dalla Soprintendenza per i Beni storici e artistici del Lazio a seguito del sisma del 1979 che coinvolse la Sabina, l’Alto Lazio e l’Umbria.
All’interno del santuario è custodita una tavola miracolosa raffigurante la Madonna col Bambino, copia del XV secolo di un’icona molto più antica, situata al centro dell’abside, e che dà il titolo alla chiesa stessa: Santa Maria in Vescovio. Raffigura infatti la Theotokos, la Madre di Dio, che si rifà alla Salus populi romani, mentre il Bambino tiene tra le mani un rotolo su cui è scritto un passo del salmo 8: “ex ore infantium et lactantium perficisti laudem – dalla bocca dei bimbi e dei lattanti hai ricevuto la lode”.
Testi a cura di don Fabrizio Gioiosi, direttore dell’Ufficio per i Beni Culturali della diocesi di Sabina – Poggio Mirteto, e Annalisa Annibaldi, Irene Marchetti, Francesca Petrillo e Marco Ratini, volontari in Servizio Civile Universitario presso il Centro socioculturale di Vescovio gestito dall’Istituzione Teresiana in Italia